Lën pensieri e storie di tre artisti gardenesi

Un documentario che parla di montagna per suggerire i suoi rapporti con l'arte e che quando parla di arte suggerisce alcuni punti di vista sulla vita che, a loro volta, riconducono attraverso l'arte, alla montagna.

Sinossi e note di regia

Len è un documentario che quando parla di montagna suggerisce il tema dell’arte e che quando parla d’arte suggerisce alcuni punti di vista sulla vita. E viceversa. Questi suoi diversi cuori si trovano infine a battere insieme, accomunati da quell’origine comune che sembra essere il legno, materiale predominante nella cultura e nella scultura gardenese.

Tre artisti le cui storie si intrecciano e si confrontano, ci conducono attraverso questo percorso. Tone, colui che sembra voler guardare alla scultura come ad una voce preziosa che parla di storia e tradizione. Aron, colui che scolpisce grandi tronchi per comprendere ed entrare nell’arte contemporanea. Egon, colui che ha abbandonato la scultura in vista di un percorso filosofico che ha trovato la sua soluzione nell’ iconoclastia e nell’eremitaggio.

Sapevo che nei secoli passati, lì, gli inverni rigidi li si trascorreva nelle stubi a lavorare dei ciocchi di legno per farne dei giocattoli da vendere d’estate, con le gerle piene sulle spalle, lungo sentieri che conducevano lontano. Sapevo che questo espediente, nato per sopravvivere ad una natura che non offriva grandi soddisfazioni nell’agricoltura, nel tempo si era evoluto, diventando una forma di fine artigianato. E sapevo anche, perché della valle conoscevo da molto tempo uno scultore, Otto Kostner, che questo artigianato, in alcuni casi, non era più stato sufficiente ad accontentare le voluttà espressive di chi aveva ricevuto, nelle botteghe, la conoscenza della tecnica, e si era trasformato in arte, in scultura artistica.

Dallo sgabello dell’osteria, durante quei dieci giorni, sono passato agli ateliers, e ho potuto cominciare a vedere gli artisti al lavoro, ho cominciato a sentirli comunicare nella loro lingua ladina, ho cominciato a comprendere il loro rapporto con il legno di cirmolo, compagno fedele di ogni scultore della valle.

Parlando di legno si finisce presto a parlare d’arte e di tutto ciò che questa comporta, inclusi i tumulti del pensiero e dell’anima. Ho incontrato molti uomini d’ingegno, con le pedule ai piedi per entrare nel bosco e con la sensibilità degli artisti che non li abbandonano mai. Ho presto compreso che quell’osteria, e le altre osterie, e i rifugi, e i boschi e le montagne, sono come dei salotti rupestri dove non termina mai un simposio sull’arte.

Ho compreso che è una terra di partenze e ritorni, dai tempi della gerla e fino ad oggi, dove persone ben forgiate dalla neve dell’inverno e dai prati estivi, tornano dopo aver visto il mondo, per applicare le curiosità osservate durante il viaggio alla lavorazione del loro legno, per dargli sempre una nuova forma, per metamorfosarlo sempre in nuovi modi, per portarlo ad essere arte scolpita.

Parlare di legno in questa valle è come parlare d’arte. E parlando d’arte a volte sembra di parlare di vita. Come nel racconto di Kafka, ciò di cui si parla è il soggetto del discorso, e non lo è, e lo è:

“Perché siamo come tronchi nella neve. Posano in apparenza leggeri, tu pensi di poterli smuovere, con un lieve tocco. Invece no, non puoi, perché sono confitti al suolo. Ma, vedi, anche questa è soltanto apparenza.”

Ringrazio Aron, Egon e Tone per i loro pareri diversi su ciò che la scultura debba o possa essere e per la loro paziente disponibilità.

Credits

Soggetto e Regia
Elia Romanelli
Camera e Fotografia
Piergiorgio Grande, Giuseppe Drago
Musiche originali
Stefano Codin
Suono
Enrico Lenarduzzi, Alessandro Romano
Montaggio
Piergiorgio Grande
Fotografa di scena
Teresa Sartore
Grafica
Giulia Brolese
Produzione
Elisa Paier