Il cortometraggio El mostro, dal titolo evocativo, non nasce allo scopo di informare sulla storia del petrolchimico veneziano, quanto piuttosto di portare suggestioni nella lotta sociale per la tutela dell’uomo di fronte al mito del progresso. Anche per questo motivo le scelte stilistiche del film d’animazione lasciano spazio all’immaginazione. I volti e i luoghi non sono perfettamente definiti, proprio perché la storia raccontata non è esclusivamente quella di Porto Marghera, bensì quella di qualsiasi città, a Nord come a Sud, in Italia come all’estero, che abbia visto un polo industriale sorgerle accanto.
Raccontare per suggestioni una lotta sociale per la tutela dell’uomo di fronte al mito del progresso
Gabriele Bortolozzo, operaio veneziano, nei primi anni Settanta con paziente caparbietà ha voluto avere ragione delle pericolose tecniche di lavorazione del cloruro di vinile monomero (Cvm) che avvenivano presso lo stabilimento in cui lavorava, tecniche risultanti estremamente nocive sia per gli operai, che sia ammalavano, sia per la laguna, che veniva pesantemente inquinata.
Lasciato pressoché solo dal sindacato, Gabriele fu il primo operaio a fare obiezione di coscienza, rifiutandosi di lavorare negli stabilimenti dedicati alla lavorazione del Cvm. All’attivismo sul campo affianca lo studio metodico e preciso degli effetti del loro lavoro in fabbrica sulla salute, informandosi anche su tutta la questione dello smaltimento all’estero delle scorie.
Nel 1994, insieme ad altri sensibilizzati alla causa presenta al Pubblico Ministero di Venezia Felice Casson il dossier che sarà poi la base per i seguenti processi ai dirigenti della Montedison.
La storia di Gabriele è perfettamente sovrapponibile a quella di tanti altri in Italia, motivo per cui i toni, i colori e i ritmi del cortometraggio si propongono di cullare lo spettatore puntando più alla sfera emozionale che a quella informativa, auspicando che l’immaginazione lasci gradualmente il posto all’immedesimazione.
Che storia racconta il corto El mostro?
La storia che vi raccontiamo è quella di un uomo qualunque, e forse proprio per questo ancor più da ammirare, che vivendo sulla propria pelle la dicotomia diritti/bisogni (diritto di preservare salute e ambiente, bisogno di lavorare) si è fatto primo paladino, inizialmente solitario, di una “guerra a vincere” contro un sistema che appariva come inattaccabile, ma che ormai da tempo è stato chiamato a rispondere delle conseguenze delle proprie scelte.