Vent’anni fa la voce di Gabriele Bortolozzo si distingueva dal coro dell’opinione pubblica ammaliata e anestetizzata dal progresso, una voce tanto determinata quanto solitaria. Oggi sappiamo e possiamo affermare con gioia che, la rivendicazione di giustizia e di rispetto per la vita umana dei tanti Gabriele Bortolozzo sparsi in tutta Italia, non è stata vana. Oggi ascoltiamo il Senato pronunciare 170 “si”:
- si, inquinare l’ambiente in cui si lavora è un reato;
- si, ostacolare o addirittura impedire i controlli è un reato;
- si, gli operai e i cittadini avvelenati dalle industrie non muoiono da soli (non è forse ufficialmente sempre stato così?).
Ma ecco che chiamare ufficialmente per nome e cognome un ecoreato e sanzionarlo non è soltanto una vittoria per tutti coloro che attendevano giustizia: i familiari degli operai, la comunità di residenti nelle aree attigue alle fabbriche, la nostra amata laguna, e poi le coste italiane, le campagne infuocate del Mezzogiorno.
Finalmente con questa legge non verrà più taciuta e giustificata la distruzione fisica di un territorio e dei suoi abitanti. Da oggi le “voci fuori dal coro” sono diventate una legge della Repubblica.
Gabriele aveva visto il vero volto del Mostro con una lungimiranza che ha preceduto di vent’anni questa legge dello stato, ma lo stato sapeva del Mostro già allora. Almeno oggi qualcosa cambia tra il sapere e tacere, e il sapere e condannare.